Tutto è possibile

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L’abitudine all’errore

Un divertente fatto accaduto oggi mi ha ricordato un episodio accaduto una decina di anni fà: in macchina con una persona, da neopatentato noto che non ha proceduto nel modo corretto, la persona in questione mi fa notare che sono neopatentato mentre lui guida da oltre vent’anni…

L’errore ripetuto per vent’anni gli da l’arroganza di affermare che è lui ad essere nel giusto… E parlo di una banalità come dare la precedenza sulle zebre…

In un’altra situazione, discutendo con un tecnico certificato xx, pluri qualificato yy in xx categorie afferma che è impossibile che esista un determinato problema di Windows, perchè lui in 6 anni di carriera non l’ha mai visto [errore che invece Microsoft mi ha riconosciuto e risolto].

Molto spesso chi ha confidenza con un argomento può commettere l’errore di non mettere in discussione la correttezza della conoscenza.
L’esperienza personale è importante, ma nessuno ha vissuto per tutte le vite di tutti.

Conosco molti artisti in tanti ambiti, che pur sbagliando ottengono risultati mirabolanti, e dato che lo fanno da oltre trent’anni sono convinti che sia il metodo migliore (non uso il termine corretto perchè ci potrebbero essere molte sfumature), non mettendo in dubbio il fatto che potrebbero impiegare meno tempo, meno fatica, o avere più flessibilità…

d’altronde di Leonardo da Vinci ne è nato uno solo…

Quante volte nella nostra vita, e mi metto in discussione per primo, la sicurezza nella propria conoscenza, nella nostra esperienza ci ha portato all’Assolutismo?

Io per primo ho fatto questo errore spesso, poi ho passato i 25 anni e ho compreso che il mondo è un infinito in divenire, e non è possibile avere le certezze di nulla, in nessun ambito o situazione.

Se pensiamo alla medicina, da un decennio all’altro, determinati trattamenti sono stati aboliti, perchè portavano più danno che beneficio; pensiamo alle costruzioni, abbiamo usato per decenni prodotti cancerogeni come l’amianto; pensiamo alla fisica, dove si pensava di aver scoperto l’elemento più piccolo, ma grazie a metodi diversi, strumenti più sofisticati, o nuove tecnologie ogni tot tempo si scopre un elemento più piccolo all’interno.

Se pensiamo all’immagine, fino ad un paio di anni fà circa si pensava che una brutta immagine si poteva solo buttare, mentre oggi grazie alle magie della AI si possono rimettere a fuoco immagini sfuocate, ingrandire rigenerando i dettagli di immagini molto piccole, interpolare in modo intelligente i fotogrammi per rendere più fluidi i ralenty, restaurare immagini danneggiate grazie alle reti neurali che rigenerano in modo intelligente e coerente i dettagli e così via…

Concludo citando del messaggio di un caro amico, che chiedendomi il tecnicamente corretto per l’esposizione, ho dovuto deluderlo non sapendo dargli una risposta unica, perchè gli strumenti sono solo dei riferimenti …

Il classico cartoncino grigio 18% si usa per avere un riferimento di esposizione, un valore medio per esporre la pelle umana generica, ma già passando da nord a sud dell’italia la pelle può essere più chiara o più scura.

A seconda dei sensori, della gamma dinamica, e di come essa è distribuita nei diversi ISO, conviene esporre in un modo o nell’altro, a esperienza del DoP sulla macchina (come una volta si facevano i test di esposizione sulle partite di pellicola prese per le riprese del film).

I dogmi esistono solo in religione, in tutti gli altri ambiti tutto cambia, può esserci molto di più di quello che conosciamo, più di quello che possiamo sapere, o ci sarà di più, per questo è importante la crescita e il cambiamento costante.

Io stesso in questo blog, man mano che ho imparato, che ho scoperto i miei errori ho allineato e corretto gli articoli per evitare la propagazione delle informazioni non corrette.

Come si espone correttamente? Cos’è l’esposizione ETTR?

Esposizione corretta

Spesso quando si parla di corretta esposizione sembra che si parli di magia, di pareri, opinioni … mentre sono semplici dati tecnici da leggere e applicare in ripresa e poi eventualmente in post.

Ogni mezzo (sensore o pellicola) ha una sua sensibilità nativa (Iso o Asa a seconda della scala), la giusta esposizione è quando si studia e si espone per il corretto valore del media, al di sotto facilmente si ottiene grana / rumore, al di sopra si tende a appiattire e poi bruciare le informazioni. La tolleranza alle oscillazioni di valore dipende dalla tipologia di pellicola o dalla tipologia di sensore, motivo per cui non basta usare un esposimetro per esporre una camera analogica o digitale, ma si devono fare prove e farsi esperienza per estrapolare il meglio dal sensore o dall’emulsione.

Decidere invece come usare l’esposizione e le luci invece è una questione estetica, artistica e si declina nel gusto, nelle necessità della scena, della fotografia, dell’ambiente e del sistema di cattura della luce che stiamo usando.

Per controllare l’esposizione dell’immagine abbiamo più elementi da tener conto, qui vediamo i diversi valori che ci permettono di avere un controllo totale dell’esposizione dell’immagine.

Il diaframma

Il primo valore che determina la quantità di luce catturata e registrata dalla macchina è l’obiettivo stesso, la capacità dell’obiettivo di aprire e chiudere il diaframma. Il valore del diaframma viene espresso in numeri, quelli più bassi indicano il diaframma più aperto, mentre quello più alto è la chiusura massima che si può ottenere.

Il diaframma della lente aprendosi e chiudendosi ci permette di decidere quanta luce possiamo portare al sensore; quando il diaframma si chiude può avere valori molto alti come 16 o addirittura alcuni obiettivi hanno valore 32, mentre quando si apre possiamo avere lenti che hanno un valore 1.4 o 1.2.

Quando apro e chiudo il diaframma non influenzo solo la luce in ingresso, ma anche la profondità di campo, ovvero la capacità di avere una zona più o meno ampia nitida, quindi quando voglio dare maggiore importanza al soggetto in primo piano posso aprire diaframma per sfocare maggiormente l’immagine dietro di esso. Naturalmente devo compensare la maggiore o minor luce in ingresso.

In sintesi :

il diaframma più è alto il numero, più è chiuso, più profondità di campo; più è basso e più è ristretta la profondità di campo.

Quando si devono scegliere i diaframmi da usare, si tende a non usare i diaframmi estremi, anzi si tende ad escludere il diaframma più basso, perché potrebbe non esprimere il massimo della nitidezza; si tende ad escludere gli ultimi due diaframmi più chiusi, perché a seconda delle lenti si rischia la diffrazione, fenomeno che causa una perdita di nitidezza.

Iso o Asa

Un altro elemento da tenere in considerazione quando andiamo a gestire la luce è la sensibilità ISO o ASA, a seconda delle macchine potremmo trovare una delle due sigle che indicano la sensibilità del sensore alla luce, ovvero la sua capacità di catturare la luce.

Una volta con la pellicola la sensibilità era gestita in modo diretto, ovvero si caricava una pellicola a 80, 160, 320, 640, quindi si esponeva di conseguenza.

Nel momento in cui si è passati al digitale apparentemente le macchine sono in grado di cambiare quello che sono gli Iso/Asa, ovvero sono in grado di abbassare o alzare questo valore per semplificare la fase di ripresa. Dico apparentemente perché in realtà questo tipo di valore anche col digitale è fisso, tranne un paio di camere di alta gamma Varicam della Panasonic.

Nel mondo reale abbiamo un valore che è quello detto sensibilità nativa, la capacità nativa del sensore di catturare quella data quantità di luce, poi quello che sono le sensibilità inferiori o superiori sono elaborazioni o a livello analogico del segnale elettrico catturato da sensore o a livello digitale sulle successive informazioni convertite in digitale.

Tradotto in parole povere significa che ogni macchina che noi andiamo a prendere telecamera e macchina fotografica cinepresa ha una sua sensibilità nativa, quando non utilizziamo la sua sensibilità nativa, apparentemente vedremo immagini più chiare e più scure ma in realtà dato che vengono create queste informazioni per elaborazione analogico – digitale la qualità non sarà come avere un sensore più sensibile o meno sensibile ma sono sempre elaborazioni del segnale originale.

Conoscere la sensibilità nativa di una camera è molto importante perché è la sensibilità nel quale la telecamera, la macchina fotografica, la cinepresa esprimono la loro capacità massima di catturare l’immagine, nella sua luminosità, nella capacità di leggere il contrasto massimo tra luce e ombra.

Quando noi abbiamo una macchina ad esempio prendiamo una macchina fotografica che nasce a 160 ISO e impostiamo un valore di Iso superiore ad esempio mettiamo 1600 o 3200iso perché c’è veramente poca luce nell’ambiente, potremo notare come aumenti una sorta di rumore video, un disturbo, una granulosità che appare sull’immagine perché l’immagine originale viene amplificata quindi fisicamente non è sensore che legge 3200 iso, ma è una elaborazione digitale o analogica.

Molte macchine (telecamere e macchine fotografiche) hanno un sistema di riduzione rumore direttamente in camera, altre (cineprese) per evitare di danneggiare l’immagine o perdere dei dettagli importanti riservano questa fase di riduzione del rumore alla fase della post produzione.

Quindi a seconda della macchina che utilizziamo, possiamo avere una sensibilità iso/asa nativa e un certo range, una gamma di sensibilità aggiuntive che possiamo selezionare per catturare più o meno luce in funzione della luce ambiente e della qualità che mi può esprimere.

Quanti e quali iso/asa possiamo usare di una camera è un qualcosa che dobbiamo verificare, perché ogni macchina offre intervalli di sensibilità più o meno usabili a seconda della quantità di luce che noi abbiamo nell’ambiente di ripresa. Quindi non è possibile dare un’indicazione generica di una sensibilità Iso da utilizzare, ma bisogna scoprire qual è la sensibilità nativa e poi vedere quanto ci possiamo spingere oltre; se parliamo di telecamere normalmente è abbastanza facile perché noi troveremo la macchina con la sua sensibilità di base e poi troveremo un parametro normalmente chiamato Gain o guadagno; il guadagno è quanto stiamo amplificando il segnale elettronicamente, senza guadagno è la sensibilità nativa della macchina.

Con le macchine fotografiche la sensibilità nativa è il valore Iso più basso della macchina, quindi molte macchine hanno ad esempio 160 ISO o 200 Iso; tutte le sensibilità Iso superiori sono elaborazioni, sta poi a noi verificare quali sono usabili quali diventano eccessivamente artefatte per essere utilizzate.

Sulle cineprese nella parte del manuale delle istruzioni è indicato qual è il valore nativo della sensibilità Iso e quali sono gli altri valori che noi possiamo utilizzare come sensibilità pari di xxx.

Quando noi cambiamo la sensibilità Iso e abbassiamo il valore rispetto al valore nativo il risultato è che la sensibilità si abbassa perché la macchina campiona meno informazioni luminose e non abbiamo particolari problematiche, quando noi alziamo la sensibilità Iso, dato che stiamo amplificando un segnale con poche informazioni, poca luce, il possibile deperimento dell’immagine è evidenziato da l’aumento di granulosità o elementi di disturbo video in movimento, l’aumento del contrasto dell’immagine.

L’aumento di contrasto diventa più evidente quanto meno luce è presente; perché se ci sono poche informazioni luminose per rendere più luminosa l’immagine l’aumento degli Iso sposta nelle due direzioni la parte più luminosa e la parte più scura aumentando il contrasto generale dell’immagine.

È molto importante quando si lavora con una camera capire qual è il livello di Iso utilizzabile, entro quale livello possiamo alzare la sensibilità senza avere un deterioramento troppo vistoso dell’immagine.

Per poter gestire l’immagine anche in condizioni di basse luci la soluzione ottimale di gestione dell’Iso è quella di utilizzare iso nativo, e gestire la luce con uno degli altri parametri, ma naturalmente non sempre è possibile farlo e quindi il parametro Iso è uno strumento utile per gestire la quantità di luce che viene catturata per ottenere la corretta esposizione.

Otturazione

Quando eseguiamo una ripresa l’altro fattore che influenza l’esposizione si chiama tempo di otturazione, detto anche shutter molte macchine.

Il tempo di otturazione è l’istante, la frazione di tempo che viene utilizzata per catturare il singolo fotogramma, quindi con un tempo di otturazione più alto o più basso catturiamo più o meno luce. In fotografia si utilizza il tempo di otturazione per modificare anche la quantità di luce che entra all’interno una camera, quando si cattura un filmato il tempo di otturazione non va mai utilizzato per controllare la quantità di luce in ingresso, perché nel momento in cui alteriamo il tempo di otturazione stiamo alterando l’immagine viene catturata da sensore, non è solo una questione di luce, ma è anche una questione di percezione del movimento.

L’impostazione corretta del tempo di otturazione è sempre un valore ben preciso, legato ai fotogrammi al secondo, esistono solo due eccezioni in casi speciali che andremo a elencare più avanti.

Il valore di otturazione corretto per ottenere la cattura di un movimento in maniera fluida è uguale a uno fratto il valore doppio dei fotogrammi al secondo, significa che se io lavoro a 24 fotogrammi al secondo per il cinema, utilizzerò 1/48 di otturazione standard, se io lavoro per la televisione per il video in ambito europeo o australiano dove abbiamo il sistema standard denominato PAL siamo a 25 fotogrammi al secondo, quindi utilizzo una otturazione di 1/50 di secondo, se lavoro per Stati Uniti e Giappone quindi lo standard NTSC, oppure se devo visualizzare il filmato prettamente su computer, tablet e cellulari allora utilizzo di 30 fotogrammi al secondo, quindi il tempo di otturazione sarà 1/60.

Questa semplice formula nacque al tempo del cinema quasi 100 anni fa, la particolare proporzione tra la velocità di otturazione e la cattura di fotogrammi ci offre la corretta scia di movimento sugli oggetti veloci, per far sì che quando noi vediamo filmato lo percepiamo come un movimento continuo.

Utilizzare una velocità / tempo di otturazione differente significa alterare la percezione del movimento catturato, se io voglio ottenere un movimento più mosso allora utilizzo un valore più basso di otturazione ad esempio se io utilizzo valore di otturazione di 1/25 invece di 1/50 l’immagine in movimento sarà più mossa, quindi diventerà più faticoso leggere i dettagli, perché i movimenti si fondono tra di loro, questo tipo d’impostazione si può utilizzare se dobbiamo fare una panoramica a schiaffi molto veloce e non vogliamo vedere gli elementi ma vogliamo vedere una fusione totale di ciò che noi riprendiamo nella panoramica a schiaffo; possiamo utilizzare il trucco di abbassare il tempo di otturazione quando abbiamo veramente poca luce, una camera statica, non abbiamo movimenti veloci nella scena; con una otturazione di durata doppia abbiamo la possibilità di catturare il doppio della luce a parità di scena e diaframmi e iso.

Utilizzare un tempo di otturazione più alto del normale rende invece movimento stroboscopico, quando il tempo di otturazione è più alto del normale oltre a catturare meno luce congela il movimento in ogni istante, in maniera più netta, quindi se ci sono dei movimenti veloci diventano stroboscopici perché i vari fotogrammi non si fondono uno con l’altro per il cervello, ma il cervello percepisce in modo diverso e più fastidioso l’immagine, quel tipo di impostazione si utilizza esclusivamente se in produzione si vuole una ripresa al rallentatore e quindi sia bisogno di immagini nitide e molto dettagliate sintesi l’otturatore va impostato sempre a uno fratto il doppio dei fotogrammi al secondo.

Le uniche eccezioni su questo tipo di situazione sono legate alla creazione di effetti speciali, rallenty, oppure per necessità di catturare più luce possibile nella scena, altrimenti il movimento catturato sarà pieno di artefatti nel movimento cioè non sarà naturale

In sintesi

Otturazione sempre 1/fotogrammi al secondo x 2

Manipolazione esterna alla camera della luminosità

Quindi se vogliamo riassumere i parametri, noi sappiamo che iso dovrà essere impostato preferibilmente nel valore nativo e non dovremmo cambiarlo, il tempo di otturazione andrebbe impostato sempre uno fratto fotogrammi al secondo per due, quindi se dobbiamo controllare la luce da quello che abbiamo detto fino ad ora l’unico parametro che possiamo cambiare è il diaframma, ma abbiamo visto che comporta una variazione non solo della luce in ingresso ma anche della profondità di campo.

Quando noi vogliamo impostare determinati valori diaframma / otturazione / iso, per controllare correttamente l’esposizione dobbiamo quindi agire esternamente alla nostra camera, quindi se abbiamo poca luce dovremo in qualche modo aumentare la quantità di luce disponibile nella scena tramite pannelli riflettenti, tramite luci aggiuntive, eccetera o se invece la luce è troppa possiamo utilizzare pannelli riflettenti neri o bandiere per ridurre la quantità di luce che raggiunge i soggetti, oppure possiamo utilizzare davanti alla lente della camera quello che si chiama un filtro neutro, il filtro neutro è un filtro più o meno scuro che riduce la quantità di luce che colpisce la lente dell’obiettivo.

Riducendo la quantità di luce col filtro ND (neutro) possiamo controllare la esposizione dell’immagine. In questo modo noi siamo in grado di controllare completamente la quantità di luce in ingresso nell’immagine senza toccare i parametri che influenzano gli altri tre parametri : otturazione iso e diaframma.

I filtri neutri esistono in tre incarnazioni ovvero ci sono i filtri neutri digitali introdotti da Sony, che elaborano l’immagine per permetterci di lavorare più comodamente senza dover introdurre elementi davanti alla lente della camera davanti alla lente della camera.

I filtri neutri variabili ovvero un filtro che noi avvitiamo sulla lente della camera e girando in senso orario o antiorario possiamo far passare più o meno luce.

Il filtro neutro variabile è uno strumento molto comodo molto flessibile perché ci permette di controllare in maniera raffinata e precisa la quantità di luce che passa; esso ha due possibili inconvenienti :

  • il primo inconveniente è relativo alla qualità del filtro, se non è un filtro di alta qualità potrebbe influenzare la luminosità e soprattutto la nitidezza dell’immagine stessa quindi è molto importante investire una buona cifra sul filtro neutro per poter avere un’ottima qualità di resa ottica;
  • il secondo fattore che potrebbe (uso sempre il condizionale perché dipende dalla situazione situazione) influenzare la qualità dell’immagine è legato alla natura stessa del filtro neutro variabile, esso è formato da una coppia di polarizzatore che incrociandosi riducono la quantità di luce che passa.

Dato che si parla di filtri polarizzatori, c’è il rischio che qualche tipo di riflesso che io voglia disegnare su una superficie, su un attore vada sparire perché viene polarizzato dal filtro neutro stesso, questo tipo di problematica relativa dipende da situazione a situazione, esiste una semplice soluzione ovvero montare un filtro variabile su un’altra ghiera, che ci permette di girare dopo aver deciso la quantità di luce in entrata, quindi orientare il polarizzatore per quello che ci serve.

Il terzo tipo sono i filtri a lastra ovvero la modalità di sottrazione della luce è unica perchè abbiamo un oggetto che in modo lineare filtra una parte della luce.

Il filtro a lastra normalmente è di qualità superiore ai due precedenti tipi di filtri, ma ha lo svantaggio che a seconda di quanta luce c’è dobbiamo sostituire un filtro rispetto all’altro, richiede un investimento maggiore rispetto al filtro variabile e digitale, richiede avere un porta filtri dove mettere il filtro, ed essendo un elemento che rimane distante rispetto al classico filtro della lente c’è il rischio che possa raccogliere qualche riflesso di luce

La soluzione ottimale è il filtro lastra a livello di qualità di immagine, a livello di praticità il filtro variabile è molto più comodo ed efficiente, quindi a seconda del tipo di lavoro che uno fa, in funzione dei tempi e dei budget a propria disposizione. Il meglio sarebbe poter possedere entrambi, in caso di scelta pratica economica il filtro variabile di qualità dovrebbe essere sempre la prima scelta per una questione di convenienza unita alla praticità di poter avere diverse scale diaframmi che possiamo sottrarre immagine

Esposizione ETTR questa misteriosa…

da qualche tempo si parla di esposizione ETTR in elettronica, ma spesso non è chiaro il perchè di tale scelta, perchè guardando le immagini sembra esserci un errore di esposizione.

L’esposizione detta ETTR Expose To The Right è un metodo di esposizione che tende a sovraesporre in modo più o meno significativo le immagini per ottenere in postproduzione una maggior pulizia delle ombre e/o minor rumore generale.

Questo metodo deriva dal principio dell’esposizione in pellicola, dove una maggior quantità di luce rende il negativo più denso e quindi con un numero maggiore di informazioni rispetto ad un negativo sottoesposto che riceve meno informazioni.

Nell’ambito del digitale dipende da sensore a sensore e come viene usato, perchè ogni sensore ha una sua gamma dinamica di lettura, ma non significa che la si possa sempre salvare, ad esempio le video reflex hanno una gamma dinamica più estesa rispetto alle classiche telecamere, se fanno fotografie, ma quando registrano il video comprimono questa gamma dinamica in uno spazio molto più ridotto : 8 bit contro i 14 bit della cattura fotografica, quindi anche se le informazioni di partenza hanno una certa qualità, queste informazioni vengono compresse in uno spazio più ridotto.

Il nome è nato dal tipo di istogramma che si può leggere dalle immagini ETTR, dove l’esposizione sposta l’istogramma dalle informazioni dei medi alle alte luci.

Il concetto nasce da più motivazioni :

  • immagini più chiare vuol dire ombre più ricche di dettagli, e si può a posteriori abbassare l’esposizione ma avere dettagli anche nelle ombre.
  • immagini più chiare vuol dire compressioni migliori, perchè i codec di compressione a perdita riducono e comprimono molto di più le aree scure delle chiare
  • immagini più luminose normalmente vuol dire avere più informazioni nei medi e nelle alte luci, quindi immagini che percettivamente sono molto più interessanti.
  • ombre più chiare vuol dire meno rumore nelle stesse e quindi immagini più pulite

Quanto e quando si usa l’ettr dipende da diversi fattori, non è una tecnica lineare, ma si può applicare SOLO facendo esperimenti con le proprie attrezzature e si deve capire quale sia il limite delle stesse.

  • Ogni sensore ha il suo limite in alto e in basso come sensibilità, si tratta di testare quali sono i limiti, normalmente le macchine che registrano a 10bit il video, o meglio ancora in raw reggono molto di più delle camere tradizionali l’applicazione dell’ettr, perchè hanno più spazio di azione per recuperare le alte luci.
    Per capire i limiti si deve esaminare e scoprire come l’istogramma della camera (o dal monitor di controllo) vi fornisce i dati su luci e ombre.
    Alcune camere forniscono l’istogramma in relazione al sensore, altre alla capacità di registrazione. E’ importante verificare come funziona tale strumento per evitare di bruciare le immagini.
    Ad esempio le camere Blackmagic Design forniscono un istogramma e la zebra in relazione al sensore, quindi SOLO al salvataggio in raw, mentre se si lavora in prores si deve essere più conservativi, impostando la zebra al 95%, altrimenti le aree si bruciano.
  • Ogni sistema di registrazione interno o esterno può fornire una maggior capacità di registrazione delle informazioni lette dal sensore, dipende da come la camera gestirà la cosa, per cui va verificato, ad esempio nelle videoreflex poche hanno uscite video di qualità, oltre 8 bit 4:2:0, per cui un recorder esterno di qualità potrebbe essere uno spreco di soldi, dipende dall’uso che ne farete.
  • Ogni lente può reggere in modo diverso alla sovra esposizione, ad esempio la maggior parte delle lenti presenta un “purple fringing” ovvero un’area viola attorno alle parti sovraesposte, per cui si può recuperare le aree sovraesposte, ma rimangono aloni colorati che non si possono recuperare facilmente, a livello fotografico dentro Adobe Camera Raw c’è una funzione apposita, ma nei filmati non è così scontato.
  • A seconda dello spazio colore usato rec709 o log si hanno spazi diversi di recupero delle informazioni luminose, e considerato che molte macchine hanno metodi diversi di registrazione del log, se l’immagine non ha un grande contrasto il rischio di usare la tecnica dell’ettr in modo spinto comporta un appiattimento troppo forte delle immagini per poi ricostruire le informazioni che servono per generare l’immagine finale, ad esempio in log dove spesso l’esposizione delle alte luci si attesta intorno 80 usare l’ettr porta spesso il rischio di bruciare le alte luci
  • seguendo la logica dell’ETTR si ha meno consistenza tra uno shot e l’altro perchè si tende a esporre al max ogni ripresa, quindi gli elementi fondamentali come l’incarnato potrebbero variare troppo durante gli stacchi, per cui è importante utilizzare i Falsi colori durante l’esposizione in ETTR per mantenere la consistenza di esposizione tra una inquadratura e l’altra degli elementi fondamentali dell’inquadratura, meglio ancora se si tiene costante l’incarnato di un attore di riferimento, altrimenti la fase di postproduzione può diventare lunga e scomoda.

Come gestirlo in ripresa

Dato che la maggior parte dei monitor interni ed esterni delle camere sono limitati sia come gamma dinamica che capacità di riproduzione del colore e della luminosità, va evitato il loro uso per gestire l’esposizione in ETTR, vanno usati gli strumenti per leggere e capire la vera luminosità delle diverse aree.

Istogramma

Zebra

Falsi colori come funzionano e come leggerli.

Questi strumenti, usati correttamente aiutano a capire quanto possiamo andare a destra con i dati, naturalmente dipende sempre dalla capacità di cattura del sensore e dai vari fattori di gestione della luce. Non va usato sempre e comunque, soprattutto a seconda delle situazioni e del contrasto globale dell’immagine.

Nota Tecnica :

ho preferito lasciare la spiegazione più tecnica alla fine, perchè non a tutti interessano le spiegazioni tecniche dietro alla pratica.
I sensori moderni tendono a lavorare con un principio di esposizione legato a come funziona la sensibilità “digitale” alla luce : quando il sensore quando riceve la luce la differenza di un valore intero di stop (tempo/diaframma) si traduce nel raddoppiare o dimezzare la luce catturata; le tonalità di un’immagine rappresentano la quantità di luce registrata, quindi lo schema di gestione delle informazioni è strutturato allo stesso modo. Immaginiamo un sensore in grado di catturare 16.384 tonalità differenti (14 bit RAW), la metà di queste informazioni 8.192 saranno devolute allo stop più luminoso (l’area a destra dell’istogramma), poi gli stop inferiori avranno rispetticamente ognuno la metà delle informazioni del precedente, quindi rapidamente scendendo verso le ombre le informazioni caleranno in modo drastico.
gradientGuardando questo schema si può notare come già usando una registrazione raw a 14 bit (altissima qualità) il numero maggiore di informazioni viene registrato nella parte alta delle luci, ma se si lavora con la classica registrazione dei sensori a 8 bit diventa FONDAMENTALE tenerci alti con l’esposizione perchè fisicamente il numero di dettagli registrabili cade velocemente, per cui anche avendo tante informazioni nelle ombre, la distribuzione delle informazioni è fondamentale per registrare più informazioni possibili e spostarli nella parte alta è fondamentale, ragione per cui si usa lo spazio log di registrazione che spostando verso il centro le informazioni si cerca di conservare più informazioni possibili dai sensori.

Inoltre non tutti i sensori lavorano alle stesso modo tra luce e ombra, alcuni sensori, a partire dalla sensibilità Nativa distribuiscono la gamma dinamica in alto e in basso in modo non lineare, per cui ci sono camere in cui i 14 stop di gamma dinamica sono 9 in alto e 5 in basso, altre sono più equilibrate, dipende dal tipo di sensore, da come nasce e come è stato sviluppato.


Sensibilità ultra, la nuova frontiera, indispensabile o no?

Cattura l’avventura!

explorerDa tempo le macchine sono sempre più sensibili, per riprendere con la luce di una candela… sapete quando ho sentito questa frase?

1988 pubblicità di una delle prime spallari VHS della Philips… giusto quei trentanni fà…

Certo erano immagini con un gain (un guadagno artificiale) che neanche sui primi cellulari si vedeva… eppure per l’epoca era magia.

Oggi poi ci troviamo in una serie di situazioni contraddittorie che molti non si spiegano, macchine fotografiche ultra sensibili come le recenti Sony Alpha che spaziano oltre i 200.000 iso (parliamo di duecentomila) fornendo immagini più che decenti se presente un minimo di luce, mentre camere più professionali arrivano a 800-1600 asa le bmc, 3200 asa le Arriflex e le Red, cosa che la maggior parte delle persone non si spiegano.

Le domande che sorgono spontaneamente sono :
– perchè non lo fanno le aziende così blasonate se Sony lo fa ?
– serve veramente avere questa luminosità oltre l’umano?

Sinceramente alla prima domanda non so darmi una risposta, o meglio, posso solo fare ipotesi, relative al tipo di tecnologia che sta dietro alle cineprese, e perchè non si sente la necessità di arrivare a sensibilità così folli, dato che anche con la pellicola nel cinema ci si ferma con la 500 Asa prodotta da Kodak.

A cosa serve una maggior sensibilità di pellicola o sensore?

Il discorso potrebbe essere molto articolato, con tanti discorsi nostalgici, ma mi piace essere pratico.
Il cinema si fa con la luce, quindi a me dei discorsi di riprese in lowlight senza luci o altro non mi frega molto, soprattutto perchè raramente vengono bene anche con i sensori ultrasensibili, mancano i riflessi di luce nei punti giusti, i giochi di luce e ombra, tante cose che sembrano naturali, ma che sono finemente costruiti dai direttori di fotografia.
Un sensore più sensibile aiuta a lavorare meglio in determinate situazioni, punto …

Sfatiamo qualche mito sulla luce naturale ?

  • Il recente Revenant con fotografia del premio oscar Lubensky è stato girato in luce naturale, non ha usato luci aggiuntive…
    più o meno, ha fatto largo uso di pannelli riflettenti, ha sfruttato fuochi e luci varie naturali, e pare che durante la fase di colorgrading abbiano massaggiato parecchio le immagini per esaltare e amplificare molto i contrasti di luce e le varie tonalità delle immagini.
    Comunque, essendo un amante della Golden hour, quell’intervallo di tempo al tramonto in cui c’è una luce magica, so che si può ottenere un risultato molto vicino a quello, ma se lo poteva permettere solo Inarritu, perchè quell’intervallo dura pochi minuti… per sfruttarlo al meglio sono andati più al nord possibile per poter trovare i luoghi con una durata maggiore della Golden Hour.
  • Se ho luce, quella basta, perchè aggiungere luce?
    spesso il problema non è la quantità di luce, ma la distribuzione tra zone di luce e ombra, la direzione, che se sbagliata rovina il viso di attori e attrici, il rischio è che lo sfondo sia più luminoso del primo piano, quindi si deve schiarire il primo piano per non bruciare lo sfondo, che è brutto da vedersi
  • Se il sensore è sensibile perchè devo usare la luce?
    il sensore può essere sensibile ma non a tutta la luce, ma solo a determinate frequenze, per cui più andiamo sul low light, più si perdono alcune frequenze di colore della luce, quindi anche se il sensore è più sensibile è probabile che i colori che può catturare siano meno intensi, o peggio, che ne perda alcuni, il che significa che le immagini saranno più povere e soprattutto limitate
  • Perchè si usano pellicole meno sensibili al cinema, perchè si devono usare meno iso in ripresa se ci sono?
    per una questione di qualità dell’immagine finale, all’alzarsi della sensibilità chimica o elettronica, l’immagine peggiora aumentando il contrasto, riducendo i dettagli fini catturabili, quindi si usa sempre gli ISO o Asa nativi di un sensore o una pellicola e non si “tirano” amplificano in nessun modo. Nella pellicola per catturare maggior luce i grani devono essere più grandi e con una capacità di cambio alla esposizione più duro, quindi diventano velocemente più visibili, offrendo però un contrasto maggiore, e la cattura della luce diventa più grossolana.
    Allo stesso modo nel digitale si amplificano le informazioni, ma se queste sono poche, quando si amplificano aumenta il contrasto e quindi si evidenzia l’immagine ma anche il rumore stesso.

Update 2020 : mi fa piacere notare come certi argomenti da me trattati vengano ripresi anni dopo dal noto BlogTecnico RedSharkNews


Esposizione, Pellicola vs Digital cosa è cambiato? ma è veramente cambiato qualcosa?

Il superpotere della pellicola

I fautori della pellicola combattono sempre strenuamente sulla qualità inarrivabile della pellicola con il digitale, e spesso hanno ragione su una cosa, che la pellicola offre la qualità. Questo perchè se sei un cane a illuminare o a esporre non viene qualcosa così così come col digitale, ma uno schifo inutilizzabile…

La pellicola ha un’alta tolleranza sulle alte luci, per cui nelle situazioni in cui la luce è tanta, perdona un sacco di errori, ma dalla prima telecamera diffusa nel mondo, la parola d’ordine era… “riprende alla luce di una candela” … da schifo, aggiungerei, ma lo faceva… questo dava l’illusione di fare riprese senza luce, senza usare la giusta illuminazione.
Che poi questo fosse materiale inutilizzabile, ben lontano dal concetto di cinema e immagini di qualità, quello è un altro discorso…

La pellicola ha il merito che insegna a esporre, a non fare le riprese a caso perchè ha un costo molto alto, a non “cercare l’inquadratura” a non “proviamo mentre giriamo” e tutte quelle brutte abitudini nate con analogico e digitale dove i costi sono teoricamente più bassi.

Perchè oggi ci sono tante cineprese digitali e si vedono ancora tante immagini tanto …. digitali?

Partiamo dal fatto che il gusto visivo è cambiato, dalla fine degli anni 90 in poi si sono diffuse molto mode e stili visivi con contrasti molto alti, saturazioni forti, contrasti di colore particolari, e la pessima abitudine di postprodurre troppo colore e immagini invece di stabilire bene in ripresa il materiale.

Partiamo dal fatto che ci sono diverse scuole di pensiero dei Dop, quelli che hanno strenuamente combattuto contro il digitale; quelli che hanno accettato passivamente l’uso delle camere digitali senza conoscerle e poi in post gestirne le risultanti; quelli che hanno studiato i sensori e li hanno confrontati con le pellicole, che si sono fatti il loro DiT personale, con il quale gestiscono il colore.

Tra una telecamera e una cinepresa digitale o la pellicola, ci sono diverse differenze.

Quando si prende una pellicola negativa e la si espone alla luce, più luce cattura e più diventa densa (infatti si chiama negativo per quello), quindi la pellicola ha una maggior tolleranza alla sovraesposizione, perchè più luce più densità, più dettaglio. Mentre meno luce meno densità quindi assenza di dettaglio. E’ esattamente la stessa cosa delle cineprese digitali (Red,Arriflex, Bmd), mentre l’opposto delle telecamere dove la luce se è poca o troppa è sempre un problema perchè hanno la capacità di catturare una gamma dinamica inferiore, ovvero la gamma di sfumature tra luce e ombra.

E’ una abitudine diffusa che nell’esporre una pellicola negativa si esponga 2-3 diaframmi sopra l’esposizione media per avere una immagine più densa di dettagli, perchè il negativo regge molto bene questo tipo di informazioni.

Un sensore di una telecamera o di una DSLR quando viene usata come telecamera invece sono sensori che lavorano in modo più lineare, ovvero possono catturare una scala di luminosità da X a Y, oltre si brucia, sotto è nera. Questo vuol dire che le informazioni nelle ombre saranno più scarse, e spesso nelle luci alte si bruceranno facilmente i dettagli.

Un sensore di una cinepresa digitale si comporta in modo simile alla pellicola, quindi per avere una buona immagine la si deve esporre correttamente sulle ombre, per la maggior parte delle persone non sembra corretto, perchè vedono una immagine molto chiara o in alcuni casi bruciata, ma è come funziona il sensore cinema, o la pellicola negativa. Soprattutto che arriva dalla ripresa a 8 bit delle telecamere o delle DSLR sembra completamente sbagliato riprendere in quel modo, ma è semplicemente il modo corretto con cui esporre una immagine per estrapolare il meglio delle informazioni.

Il discorso è molto semplice:

  • poca luce poche informazioni = rumore
  • molta luce = informazioni buone nelle ombre e il resto si riporta in basso grazie alla miglior tolleranza dei sensori digitali e la registrazione di informazioni ampie di tali camere.

graficaUn’altra differenza importante tra una telecamera e una cinepresa digitale è che le informazioni di cattura sono ad un livello superiore. La più semplice delle cineprese digitali lavora a 10bit contro gli 8 bit delle telecamere classiche. Anche se potrebbe sembrare poca la differenza, significa che invece di avere 256 tonalità luminose per colore ne abbiamo 1024, e la risultante finale è uno scontro tra 16 milioni (16.777.216) di colori contro poco più di un miliardo di tonalità (1.073.741.824), ovvero 67 volte i colori di una telecamera. Avendo così tante informazioni in più abbiamo molte più possibilità di lavorazione sulle immagini anche se portate di più al limite.

Senza considerare che le cineprese digitali possono lavorare anche a 12bit raw, ovvero arrivare a oltre 68 miliardi di colori (68.719.476.736), 4096 volte i colori di una telecamera…

Quando si lavora con le cineprese digitali abbiamo un tipo di sensori particolari, con esposizione molto simile alla pellicola, che in gergo tecnico si chiama ETTR, Expose to the right, perchè esponendo si pone l’istogramma sulla destra per ottenere più densità nella parte centrale spostandola a desta.

A livello tecnico il concetto è semplice, se poca luce offre poche informazioni e quindi o viene fuori la grana pellicola, o viene su il rumore digitale col gain, invece di creare un sensore ultrasensibile (che poi diventa un problema nelle riprese diurne) è più semplice creare un sensore con una maggior sensibilità e gamma sulle luci alte, in modo che esponendo correttamente le ombre, il resto poi si abbassa, e si ottiene una immagine più ricca e pulita.


Filtro ND, cos’è e come si sceglie e/o si usa

I filtri nel mondo Digitale

il fatto che si catturi con sensori digitali ha diffuso la leggenda metropolitana che i filtri non siano più necessari, perchè tanto si fa tutto in post… ironicamente erano nati con la pellicola che aveva una superiore gamma dinamica della maggioranza dei sensori di fotocamere e dispositivi varii, e oggi proprio sui dispositivi più “deboli” si pensa che non servano…

La luce spesso va “addomesticata” perchè troppo dura, troppo morbida, troppo angolata, troppo calda e troppo fredda, troppa in alto e poca in basso e così via…

Neutral-Density-FiltersCos’è un filtro neutro?

Un filtro ND Neutral density, è un filtro neutro lineare o sfumato che riduce la luce entrante nella lente, in modo da ridurre la luce in eccesso. In fotografia si usa per controllare la luce con esposizioni prolungate di diversi secondi, in cinematografia serve a controllare la quantità di luce con diaframma e tempi di scatto fissi.

Mi serve?

se volete controllare la vostra esposizione, e non potete controllare il sole e le nuvole, si…

Per farla breve, alle 17.00 di un giorno primaverile in riva al mare, con 200 iso e 1/48 di otturazione (otturazione cinema) per esporre correttamente la scena dobbiamo chiudere a 22 il diaframma… Non vi dico a mezzogiorno…

E per esporre correttamente il cielo servirà un ulteriore filtro ND4 sfumato per compensare la grande luminosità del cielo rispetto a al mare o al terreno.

Come funziona?

Graduated-ND-filter-effectsIl filtro neutro lineare è un elemento in vetro o resina con una capacità di assorbimento della luce progressiva in funzione della propria numerazione ND 2/4/etc più è alto è il numero e più luce può assorbire.

Il filtro neutro sfumato è un elemento in vetro o resina con una sfumatura dal neutro ad assorbimento pieno, in modo che si possa compensare inquadrature dove il cielo sarà più luminoso della parte in terra.

Filtro fisso o graduale?

In realtà servono entrambi per gli esterni, perchè il cielo spesso sarà molto più luminoso del terreno e quindi serve quello sfumato, mentre se non inquadriamo il cielo servirà facilmente quello “pieno” per compensare l’eccesso di luce.

Esiste una terza scelta, che è una variante del primo filtro, il filtro Nd variabile, un filtro ND con una doppia ghiera, che a seconda di come lo si gira fa passare più o meno luce. Il filtro ND variabile è fatto con una coppia di filtri polarizzatori.

il che significa che se è di scarsa qualità crea un brutto effetto ad X al centro dell’immaginexpGRn, e delle dominanti di vario tipo verso il verde man mano che si aumenta il filtraggio della luce. Se è di buona qualità sarà un ottimo complemento all’esposizione, ma si deve fare attenzione che essendo comunque un polarizzatore andrà a togliere alcuni riflessi sugli oggetti, togliendo parzialmente la tridimensionalità degli elementi.

Un buon filtro ND variabile è il Genustech

Perchè non si può far a meno del filtro ND?

Sia che lavoriamo con una pellicola fotografica di altissimo livello (19stop) o una camera digitale classica (8-14 stop di gamma dinamica), non avremo una camera in grado di catturare tutta la gamma dinamica dalle ombre alle alte luci nel modo corretto, perchè la realtà sarà sempre più “ricca” d’informazioni e dovendo scegliere si finisce col catturare una immagine con meno informazioni di quelle percepite dall’occhio umano, mentre usando un filtro ND sfumato, o un filtro ND classico potremo catturare una immagine più interessante e piacevole.

In fotografia catturando la luce possiamo :

  • dosare la quantità di luce aumentando o riducendo il tempo di scatto, ma questo influenza la cattura degli elementi in movimento, con tempi lenti avremo oggetti mossi, mentre con tempi veloci si congelano nello spazio.
  • dosare la luce aprendo o chiudendo il diaframma, ma questo comporta che entro certi limiti si riduca o si ampli la profondità di campo, quindi chiudendo il diaframma al massimo si estende al massimo la zona di fuoco, che non sempre è ciò che vogliamo.

In Cinematografia catturando la luce possiamo solamente cambiare il diaframma, perchè l’otturazione deve essere per la regola dei 180 gradi (otturazione a farfalla) il valore doppio dei frame al secondo, altrimenti le immagini in movimento saranno stroboscopiche o mosse se si alza il valore.

Come potete immaginare, se volete scegliere il diaframma, e controllare quanta luce entra, l’unico modo è usare dei filtri Neutri che riducano la quantità di luce che arriva al sensore.

Io posso chiudere il diaframma, non mi interessa la dof, posso evitarli?

In generale no…

  1. Se ho un cielo luminoso e lo espongo correttamente vuol dire che sottoespongo tutte le parti medie riempendole di rumore, quindi avrò una immagine di bassa qualità
  2. Se chiudo troppo il diaframma, rischio la diffrazione, che mi fa perdere nitidezza nell’immagine. Il fatto che nel cinema e in fotografia si usino normalmente i diaframmi centrali non è casuale, ma serve sia a non avere una sfuocatura di campo tanto estrema da non tenere i fuochi durante i movimenti e poter catturare il massimo della nitidezza dalle lenti.
  3. In esterni la quantità di luce durante il giorno è spesso troppo alta per la maggior parte degli ISO applicabili in scatto o ripresa, quindi o si lavora a diaframmi chiusi, iso bassi e otturazione alta o si avrebbero immagini sovraesposte… ma l’otturazione alta in ripresa video significa immagini fortemente stroboscopiche.

Ir pollution, questa paura?

fig6_irOk abbiamo detto che i filtri ND sono il bene, ma non hanno punti deboli?
Quando si usano filtri MOLTO FORTI tipo ND16 o si sovrappongono più filtri neutri si può notare il fenomeno chiamato IrPollution, ovvero la sensibilità maggiore dei sensori digitali ai raggi Infrarossi porta a vedere negli elementi scuri un inquinamento cromatico rosso.

Il fenomeno si presenta solo a fortissime filtrature se i filtri ND non hanno il trattamento Ircut o non si è applicato un filtro IrCut alla lente, che tagliando i raggi infrarossi non si presenterà il difetto.

A seconda delle lenti, delle camere usate, ho potuto osservare il fenomeno solo in poche occasioni di filtratura molto fortemente con due ND molto pesanti, ND8 + ND16 e mettendo un buon filtro IRcut il fenomeno spariva, per cui è una preoccupazione relativa, ma si deve sapere di cosa si parla.

A seconda delle camere, Arriflex, BMD, Red etc ci sono frequenze diverse da tagliare, ad esempio le BMD lavorano meglio con un filtro che tagli le frequenze da 680nm in su.


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