Tutto è possibile

Categoria: I miti da sfatare Pagina 4 di 12

In questa categoria raccolgo una serie di miti tecnici da sfatare, troppo spesso tra i passaparola, tra il copia e incolla on line, e colpevole il Web 2.0, sono nati e si sono radicati tanti miti “tecnici” per i quali non esistono rimedi, tranne che la logica e il pragmatismo nell’affrontare queste bufale…

the Best of Sharpness, l’acutezza, la nitidezza e tutto il resto… o forse no

Nippon Kogaku 35mm 2.0 su sensore 4k

Oggi con la fisima della nitidezza e della definizione inoculata dal marketing, se non abbiamo un telefono che riprende in 8k (per mostrarlo sul display magari neanche fullhd, compresso), se non facciamo riprese panoramiche da 12k (combo di Newyork girato con 3 red 8k), non abbiamo immagini definite.

Dall’altra parte abbiamo persone che fanno studi scientifici sulla capacità visiva dell’occhio e confrontando in modo diretto le immagini delle diverse camere dimostrano che a parità di pixel non è detto che abbiamo realmente immagini più definite, anzi in certi casi diventa il contrario, motivo per cui Arriflex con la sua Alexa, 2,7k e 3.4k in openGate spesso offre immagini più nitide di quelle catturate con cineprese digitali 8k.

Senza fare il pixel peeper, lasciando queste seghe mentali ad altre persone, visto che il mio obiettivo primario è la narrazione per immagini, vediamo di capire brevemente quali sono i fattori che permettono di esprimere al meglio la nitidezza e l’acutezza di una ripresa (indipendentemente da fattori umani).

fattore 1 : la lente

 

La lente può (condizionale) determinare la qualità dell’immagine perchè è il sistema con cui si cattura la luce, la focalizza e la proietta sul piano focale (pellicola o sensore). La qualità delle lenti oggi è abbastanza lineare, per cui la differenza può essere la luminosità della lente, ma usata nel modo corretto (vedi il fattore 2), una lente media offre una buona definizione senza dare grandi limitazioni sulla nitidezza, a patto che :

  • la lente sia pulita e non abbia elementi estranei sopra
  • che non ci sia luce laterale (non protetta da paraluce e mattebox) che abbatte il contrasto
  • che non ci siano filtri di bassa qualità che riducono la definizione iniziale della lente, spesso si usano filtri neutri di qualità non ottimale, che riducendo la luce la diffondono togliendo nitidezza all’immagine originale.
  • che sia correttamente calibrata per proiettare sul sensore l’immagine (alcune lenti soffrono di problemi di pre/back focus, ovvero l’immagine viene proiettata poco prima o poco dopo il piano focale, quindi per centesimi di mm di tolleranza l’immagine è più morbida perchè non allineata col piano focale
  • che la lente sia perfettamente allineata (in alcuni casi le lenti possono essere leggermente angolate rispetto al piano focale causando una perdita di definizione su uno dei lati in alto, o in basso, o a destra, o a sinistra.

In un precedente articolo avevo fatto una disanima tra diverse lenti, da lenti vintage a lenti medie, e una lente di fascia più alta senza riscontrare una differenza di nitidezza percepibile nell’uso comparato: stesso diaframma, stessa situazione, stesso sensore, stesso soggetto.

fattore 2 : il diaframma

Quando si gestisce la ripresa troppe persone dimenticano che le regole di fotografia valgono sempre, indipendentemente dalla qualità dell’attrezzatura. Molti oggi sanno che il diaframma gestisce la luce in ingresso definendo se farne entrare tanta o poca, e di conseguenza alterando anche la profondità di campo. Ho spiegato in modo più esteso in un altro articolo sull’esposizione questo discorso, ma in molti non sanno come cambiando il diaframma si possa entrare in un campo di alterazione della luce che genera la DIFFRAZIONE e come possa essere il limite della propria ripresa.

In breve cosa è la diffrazione?

Quando si chiude il diaframma di un valore maggiore di X il dettaglio di luce proiettato sul diaframma non si concentra ma si diffonde, per cui un punto chiaro su una superficie scura non è più nitido ma sfuocato. Tradotto in soldoni c’è troppa luce e chiudo il diaframma pensando di ridurla, ma man mano che chiudo il diaframma perdo nitidezza, quindi a diaframma 22 la stessa immagine sarà sfuocata rispetto a diaframma 11 come se avessimo applicato un filtro di diffusione o di blur.

Come si gestisce la diffrazione?

Dato che la diffrazione appare da un certo diaframma in poi si tratta di scoprire quale sia il diaframma limite della propria lente, in funzione del proprio sensore. Un semplice e comodo calcolatore di diffrazione lo potete trovare in questo interessante articolo sulle lenti e le loro caratteristiche.

Comunque per semplificare la vita a molti di noi, una semplice tabella per avere un riferimento, poi da lente a lente può esserci più tolleranza.
Risoluzione vs Dimensione

Risoluzione Sensore Sensore 4/3 Sensore s35 Sensore 24×36
FULL HD f/18 f/26 f/32
4k f/9.9 f/12 f/18
4.6k (UMP) f/11
5.7k (eva1) f/8.8
8k (Red Helium) f/9.4

Come si può notare non si parla di diaframmi particolarmente chiusi, se non alle basse risoluzioni, il che diventa particolarmente divertente notare come con l’aumentare della risoluzione si abbassa la possibilità di chiudere il diaframma, altrimenti si crea diffrazione, catturando una immagine progressivamente più sfuocata pur aumentando il numero di pixel catturati. Attenzione che per risoluzione si intende la risoluzione del sensore, non della cattura del filmato, perchè la dimensione dei fotodiodi o dell’elemento che cattura la luce influenza in modo diretto la nitidezza delle immagini.

Per questa ragione quando si lavora con le cineprese digitali il filtro neutro è un elemento fondamentale e indispensabile per preservare la nitidezza originale, e contrariamente a quello che credono molte persone, le dslr non sono così comode avendo un gran numero di pixel da cui ricavare un formato fhd, perchè se usiamo una fotocamera che registra in fhd ma il sensore è un 24mpx, quello è il limite da usare per scegliere il diaframma di ripresa e mantenere il massimo della nitidezza possibile, a questo proposito la mirrorless ottimale per il video è quella creata da sony nella serie A7s perchè pur usando un sensore fullframe ha una risoluzione di ripresa corrispondente all’output, ovvero 4k, e quindi meno sensibile alla diffrazione di una A7r che con 36 e 54 mpx tenderà ad avere il triplo e il quintuplo dei problemi.

fattore 3: il sensore

 

Il sensore, la sua tipologia, la sua risoluzione possono influenzare la nitidezza catturata, quindi ovviamente se il sensore è a misura della risoluzione di uscita il risultato sarà migliore. La maggior parte dei sensori sono strutturati da una matrice detta Bayer, nella quale si cattura un segnale monocromatico e poi filtrandolo si ricavano i colori, per cui abbiamo il verde che rappresenta la luminanza che possiede buona parte delle informazioni, mentre gli altri due colori sono ricavati ecatturati parzialmente, per cui si dice che comunque un sensore xK abbia una reale risoluzione di 2/3 dei K originali e poi venga fatto l’upsampling effettivo dei pixel. Il che tecnicamente è vero, ma non è un reale problema. Esistono sensori fatti come wafer dei tre sensori (uno per colore) che catturano separatamente le componenti colore RGB che spesso offrono immagini di ottima nitidezza. Esiste poi la scuola di pensiero del downsampling, ovvero catturiamo con un sensore di dimensioni maggiori, ad esempio 4.6k, 5,7k e poi da questo ricaviamo alla fine un segnale in 4k o 2k o fhd, in modo da sovracampionare le informazioni e avere una maggior precisione e dettaglio. La semplice prova di forza o applicazione muscolare degli X k non è fonte sicura di qualità o di dettaglio, inoltre con l’aumentare della risoluzione e non delle dimensioni del sensore incontriamo il problema della Diffrazione (come abbiamo visto prima), e il problema della sensibilità, perchè la stessa lente deve distribuire la stessa luce su un numero maggiore di fotorecettori, quindi ogni elemento riceve meno luce o con meno intensità.

A livello teorico maggior numero di pixel correttamente gestiti nella cattura può corrispondere ad un maggior numero di dettagli, a patto che utilizzi la risoluzione reale del sensore, cioè i pixel catturati siano esattamente la matrice del sensore.
Le eventuali elaborazione del segnale prima della registrazione (raw o sviluppata) possono inficiare la nitidezza del segnale. Esistono diversi tipi di amplificazione del segnale e durante quella fase (analogica o digitale) si può alterare la percezione di nitidezza.

fattore 4: la compressione

Una volta catturate le informazioni, queste devono essere in qualche modo registrate, e pur partendo da sensori con un’alta capacità di cattura di dettaglio, o d’informazioni (spesso 16bit lineari) poi la registrazione delle informazioni viene ridotta a 14-12bit raw o 10bit compressi con algoritmi varii che per ridurre il peso dei file andrà a alterare in modo più o meno significativo le nitidezza delle immagini. Ogni camera ha i suoi algoritmi di compressione, molti nelle cineprese si basano sul concetto della compressione wavelet, che sia raw o no, per impedire la formazione di blocchi di tipologia più “digitale” come la compressione mpeg che genera blocchi di dati a matrici quadrate, questo ottimo tipo di trasformata nel momento in cui si comprimono i dati tende man mano che si aumenta la compressione a rendere più morbido il filmato. Naturalmente quando si parla di morbidezza parliamo di finezze, non certo di avere immagini sfuocate. Molti Dop quando usano le camere Red scelgono di usare compressioni più o meno spinte in alternativa all’uso di alcuni filtri diffusori per rendere più piacevoli le immagini.

Quindi facendo una ripresa o una fotografia, non possiamo strizzare i dati in poco spazio e pretendere di avere il massimo delle informazioni, del dettaglio, della definizione. La scelta dei formati di compressione è molto importante e conoscere le differenze tra i diversi formati di compressione e le loro tecnologie applicate alle diverse camere è importante per poter gestire correttamente la qualità di partenza iniziale. Alcuni formati a compressione maggiore (h264/5) generano artefatti a blocchi, mentre le gestioni dei formati wavelet possono ridurre la nitidezza dell’immagine man mano che si aumenta la compressione, ma in modo molto leggero, tanto che molte compressioni wavelet vengono definite visually lossless

fattore 5: la lavorazione

Le lavorazioni dei file possono alterare la percezione della nitidezza se vengono create più generazioni dei file originali non utilizzando formati DI di qualità per lo scambio e l’esportazione dei materiali. L’applicazione di effetti o lavorazioni con sistemi non professionali può causare ricompressioni non volute, downscaling e downsampling colore che possono influenzare la nitidezza originale. Inoltre ci sono fasi molto delicate come il denoise che in certi casi può essere troppo forte o troppo aggressivo e come tale tende a mangiare non solo il rumore, ma anche il dettaglio fine.

fattore 6: il delivery

Un fattore poco conosciuto è la scalatura dinamica dei flussi video, soprattutto quando si guardano i film in streaming legale. Il file alla fonte ha una risoluzione e una compressione, ma durante la trasmissione se ci sono problemi di segnale, rallentamenti, problematiche varie il segnale viene istantaneamente scalato per impedire che il filmato vada a scatti o in qualche modo possa influire sulla visione generale, quindi da una scena all’altra potrebbero esserci delle variazioni consistenti della qualità e i sistemi di contrasto dinamico andrebbero ad amplificare ulteriormente i bassi dettagli. Se abbiamo un prodotto stabile e lineare come un bluray o un bluray 4k abbiamo la certezza che la qualità sarà sempre costante, mentre se usiamo una distribuzione differente delle perdite di qualità potrebbero essere causate dalla trasmissione variabile.

fattore 7: la fruizione

Un fattore che tanti sottovalutano, spesso causa del danno finale, sono i metodi di fruizione del materiale video. A partire dal dispositivo di visione, che spesso altera in modo più meno significativo l’immagine, vedi l’articolo sui televisori da telenovelas, al metodo di gestione delle informazioni. Quando vediamo una immagine non sappiano se il pannello è a misura per l’immagine che stiamo vedendo, il che può essere causa di alterazione di vario tipo, perchè dovrà essere scalata in realtime con diversi algoritmi più o meno efficienti nel mantenere il dettaglio o perderlo. Spesso abbiamo televisori 4k che mostrano materiale fhd (1/4 delle informazioni) o peggio sd (1/16 delle informazioni). Il danno però nasce dal fatto che tutti questi televisori applicano le funzioni di oversampling anche quando una immagine ha realmente la dimensione del pannello, quindi anche se apparentemente sembrano ancora più nitide, in realtà gli effetti dei vari algoritmi di sharpening tendono a creare nuovi “FINTI” dettagli che sovrascrivono e cancellano i dettagli originali.

Spesso ci sono tanti parametri attivati a nostra insaputa, o peggio abbiamo la difficoltà di disabilitarli, perchè solo in determinate combinazioni di visione sono modificabili. Ci sono prodotti di fascia alta che è possibile disabilitare le maschere di contrasto e i vari algoritmi di contrasto solo con i segnali in ingresso HDMI, non per i segnali interni o da stream internet interno… il che è può essere imbarazzante con i segnali 4k da Netflix che sono ottimi e non richiedono ulteriori process, anzi…

 


Il caldo il nostro nemico numero 1

Siamo all’inizio dell’estate e i telegiornali si riempono di consigli su come combattere il caldo e i problemi che causa al nostro corpo, ma spesso si sottovaluta l’azione del calore sulle varie apparecchiature che utilizziamo, faccio due chiacchiere sui problemi del caldo su cineprese, lenti, hard disk, computer etc…

Quando stiamo lavorando all’aperto è facile che siamo sotto il sole, o anche se siamo sotto una tenda per proteggere le attrezzature dal sole, la temperatura sarà alta, e il rischio che le attrezzature lavorino meno bene è alquanto alta. Cerchiamo di capire quali possono essere le problematiche che possiamo incontrare.

Molti video maker sottovalutano il surriscaldamento del sensore e gli effetti di tale situazione sulla qualità delle immagini.

Partiamo dal discorso più ovvio e banale, se la camera si surriscalda troppo tende a bloccarsi o spegnersi per evitare danni all’elettronica, come tale ci impedisce di lavorare o peggiorerà la qualità delle immagini. Più il sensore è sensibile come gamma dinamica e più la camera tenderà a generare calore, non a caso molto dslr fullframe si spengono dopo x minuti di utilizzo o bloccano la registrazione per evitare danni (e non solo per il limite burocratico dei 29 minuti 59 secondi altrimenti viene messa in categoria cinepresa). Diverse telecamere tendono ad avere problemi con il surriscaldamento generando artefatti nella compressione o banalmente più rumore video se si alza la sensibilità.

E’ noto che esistono delle modifiche per le fotocamere ad uso astronomico per raffreddare in modo sensibile il sensore e ridurre la quantità di rumore generata sia nelle lunghe esposizioni che nelle riprese ad alti iso. Esistono diversi studi per molte camere dove aumentando il sistema di raffreddamento il rumore originale tende a ridursi in modo molto sensibile, pur lavorando nella stessa identica condizione.

Una cinepresa digitale ha il suo sistema di raffreddamento e più si va in alto con la categoria (Arriflex e Red) hanno sistemi di stabilizzazione della temperatura del sensore per cui l’oscillazione possibile è di frazioni di un grado per offrire il meglio delle immagini. La prossima volta che faremo una ripresa con una qualunque camera (escluse le suddette fasce alte), potrebbe essere utile scoprire quale sia la sua miglior temperatura di utilizzo per capire meglio le diverse risposte di resa del dettaglio e cromatica.

Quindi quando si legge che una camera lavora da -20 a +45 gradi, questo non si significa che funzionerà al meglio, ma semplicemente che può funzionare in quelle condizioni.

Qualcuno potrebbe aver notato che non tutte le lenti sono con la cover nera, soprattutto le lenti più “ingombranti” esistono in “bianco”. D’estate, sotto il sole una lente completamente nera attira il calore, e il calore significa dilatazione termica degli elementi. Con la dilatazione delle lenti, dei meccanismi interni, delle ghiere etc possono bloccarsi o danneggiarsi. éer questa ragione alcuni produttori realizzano una versione chiara per ridurre il surriscaldamento delle suddette lenti. Indipendentemente dalla “vestizione” le lenti fanno parte di quegli oggetti che non devono surriscaldarsi, e se prendono meno sole possibile fa solo bene alla vita e alla durata di questi prodotti.

Anche avvitare dei semplici filtri, se la filettatura si è surriscaldata, può diventare un’impresa perchè bastano pochi decimi di mm di dilatazione per non far funzionare la filettatura. Sotto il sole i filtri neutri o i filtri neutri graduali sono indispensabili per poter fare una ripresa esposta correttamente, per cui è importante proteggere le lenti dalle alte temperature, alle volte basta poco, una maglietta bianca o un fazzoletto posto sulla lente mentre non la usiamo per controllare il surriscaldamento.

I supporti sono robusti, le card reggono temperature molto estreme, reggono, non significa che funzionano a temperature molto estreme… quando si sottopongono le card SD e CF a temperature molto calde c’è il rischio che la dilatazione termica possa creare falsi contatti o problemi di contatti mentre state facendo la ripresa della vostra vita.

Lo stesso discorso può essere applicato anche ai dischi nel momento in cui dovrete praticare il backup e la copia dei materiali sui dischi esterni.

Tutti i dischi meccanici si basano sulla scrittura magnetica con puntine che stanno in prossimità della superficie del disco. Se sopponiamo un disco a temperature più alte, possiamo avere più punti deboli della catena di trasmissione e registrazione dei dati:

  • il disco magnetico se dilatato dall’alta temperatura potrebbe scrivere i dati con una leggera sfasatura di posizione rispetto alle indicazioni date dal firmware del disco, e quindi essere non leggibile in rilettura a temperatura di normale esercizio.
  • il surriscaldamento del meccanismo di spostamento dei bracci può creare degli scontri tra i bracci e gli elementi intorno a se (un vecchio modello wd che conservo come esempio di pessima progettazione…)
  • il surriscaldamento dei chipset di controllo del disco può corrompere i dati in scrittura, per cui è sempre importante fare copie dei dati con un software di verifica MD, in modo che durante la copia il software ricontrolla i dati scritti (se non avete o non sapete quale software scegliere, la versione free di DavinciResolve ha questa funzione sotto mac, win e linux).
  • Il box / la docking station del disco stesso surriscaldandosi potrebbe dare problemi di riconoscimento / lettura scrittura dei dati ad alte temperature. Ho usato diversi box per dischi, dischi di ogni tipo dai lacie a semplici maxtor, wd, fino a prodotti più professionali come G-Drive, ma le alte temperature possono mettere in difficoltà praticamente tutti questi prodotti sul set. Ho sperimentato dal docking station che ad alte temperature funziona con un connettore e non con un altro (usb 3.0 no thunderbolt), oppure che a surriscaldamento i dischi non vengono più riconosciuti dal raid, appena si raffreddano il sistema torna a funzionare. Il che potrebbe anche essere urtante per un sistema da quasi 2000 euro di dischi, ma gli ingegneri hanno pensato come mettere quasi cento tera dentro il box ma non un sistema di raffreddamento per gestire il surriscaldamento generato da tutti quei dischi fatti funzionare insieme al massimo della velocità.

Non dimentichiamo poi il nostro computer, ha due elementi che non solo generano calore, la CPU e la GPU, ma sono sensibili all’aumento della temperatura, raggiungendo determinati limiti il processore può ridurre le sue prestazioni, la scheda video si disabilita, oppure si arriva allo spegnimento completo del computer, impedendo il backup che stavamo facendo.

Tutto questo senza contare che il caldo darà problemi alla nostra salute, alza la pressione, ci disidrata, ogni oggetto diventa caldo da tenere in mano, e ci abbronziamo… a luglio 2017 durante una giornata di riprese sotto il sole ho cambiato letteralmente colore, oltre al fattore rischio ustioni c’erano ben altre problematiche legate alla salute fisica, quindi facciamo attenzione all’attrezzatura, ma attenzione prima di tutto alla propria salute.


H264 standard… mica tanto

Spesso mi sento dire, mi faccia un mp4 che è standard … sorrido e creo un file che so essere compatibile con le esigenze del cliente.

Una volta era più facile distribuire un video, perché i supporti erano più limitati a vhs o dvd, con due standard video PAL o NTSC per distribuire in tutto il mondo.

Oggi ci sono mille e più varianti, ad esempio se si fornisce un supporto solido come il Blu-ray ci sono quelle che vengono indicate come le specifiche di base, e le varianti di formato… che ogni anno cambiano sul sito ufficiale del consorzio, perché a seconda del lettore da tavolo potrebbe essere supportata o no la variante, non dipende dalla data di produzione, o dal brand, anzi alle volte prodotti di marchi meno noti supportano più formati di altri più blasonati.

Lo standard del Blu-ray nasce a 24 fotogrammi al secondo, per rispettare la naturale creazione dei film, senza alterazioni su durata della parte video o alterazione sulla parte audio. Poco dopo la sua nascita è stato subito aggiunto il 23,976 per supportare più facilmente la riproduzione nel mondo Americano e Giapponese (NTSC a 60 hrz). Il codec di compressione di nascita era l’mpeg2 come il dvd (anche se con una variante dedicata all’alta definizione) anche se quasi subito fu introdotto il formato H264 (variante del codec mpeg 4), poi di recente aggiornato al suo successore H265.

Oggi il Blu-ray supporta dal 23,976 24 25 29,97 30 48 50 59,94 60, e neanche tutti in stream progressivo, ma alcuni solo in stream interlacciato per questioni di compatibilità.

Questo per dire come un prodotto che nasceva per uniformare e offrire il massimo della qualità della visione casalinga senza “interpretazioni” si è trasformato nell’insalata dei formati. Inoltre a seconda del monitor, televisore o proiettore su cui si vedono i risultati le immagini saranno più o meno fluidi o naturali.

Quando ci viene chiesto un H264 standard ci viene chiesto il nulla, perché lo standard è molto ampio e a seconda del dispositivo con cui verrà letto verrà INTERPRETATO in modo più i meno fedele.

Lo standard H264 prevede di registrare da un minimo di un segnale 8 bit 4:2:0 ad una serie di informazioni fino a 12bit 4:4:4, cambiare le impostazioni di codifica punto per punto del filmato, gestire più flussi video sovrapposti, alpha, riproduzioni parziali dei dati, cioè ottimizzare in lettura una scalabilità 1:2,1:3,1:4 etc dei pixel, inglobare codice, indici di capitoli, aree sensibili con dati a link e molto altro ancora; peccato che quasi nessun encoder sfrutti tutte queste caratteristiche.

Quando si crea un file H264 la maggior parte degli encoder ci permette solo di impostare il tipo di compressione e i profili, ma niente di più.

Ironicamente invece di usare un prodotto commerciale, la soluzione più versatile anche se meno comoda è il prodotto freeware ffmpeg, un programma a comando di linea che supporta praticamente tutte le funzioni di moltissimo codec sia in ingresso che uscita, ed è disponibile su tutti i principali sistemi operativi, sono state sviluppate diverse interfacce per utilizzare in modo più comodo e flessibile il prodotto.

Considerato che chi arriva ad un articolo di questo tipo di aspetta un suggerimento sugli “standard” vi posso dare dei suggerimenti su come affrontare il discorso e cosa scegliere come impostazioni e cosa influenza qualità e “compatibilità”.

⁃ Riproduzione da televisore o decoder o player multimediale

⁃ Riproduzione da computer diretto

⁃ Caricamento online

Anche se sono le situazioni più comuni in realtà aprono mille e più situazioni e varianti, perché in realtà la questione della riproduzione è al 50% dipendente dal file e al 50% dal sistema di riproduzione.

Quando si crea un file “classico” si sceglie la risoluzione, i fotogrammi al secondo, il bitrate e se questo è fisso o variabile.

In generale si deve creare un equilibrio tra i dati al secondo letto dal dispositivo e la qualità finale, questo significa che se si sceglie una compressione fissa vuol dire che ogni fotogramma avrà la stessa quantità di informazioni registrabili, immaginiamo 2000, ma se ho un fotogramma di una persona davanti ad un muro bianco tutti i dettagli vengono dedicati alla persona, se ho 20 persone gli stessi dati vengono “divisi” per registrare, quindi ogni persona al max avrà 100 per registrare i dettagli, quindi l’immagine sarà meno dettagliata.

Questo sistema permette di avere i seguenti caratteristiche:

⁃ Funziona anche su dispositivi più semplici

⁃ Prevedibilità della dimensione finale del file.

⁃ Per migliorare la qualità basta alzare il bitrate globale (entro certi limiti).

⁃ Per migliorare la compatibilità con i vecchi dispositivi basta abbassare il bitrate.

⁃ Non si notano jittering di decodifica dei movimenti perché i fotogrammi non devono essere creati ma sono tutti completi.

Se si sceglie una compressione variabile si imposta un range di dati minimo e massimo, per cui il sistema di compressione esegue due livelli di compressione, sia creando un frame Delta e un frame parziale per cui vengono creati dei gruppi di fotogrammi, con la logica di creare il primo frame intero, il secondo frame memorizza solo la differenza tra il primo e il secondo, il terzo la differenza tra il secondo e il terzo e così via fino al prossimo fotogramma Delta.

Il secondo livello di compressione variabile si preoccupa di distribuire una quantità di dati del gruppo in funzione delle necessità, di quanti dati sono necessari fotogramma per fotogramma, ottimizzando peso e qualità.

Il risultato ha caratteristiche differenti rispetto al primo metodo :

⁃ Con lo stesso bitrate massimale la qualità può essere notevolmente migliore

⁃ Lo stream dei dati è più efficiente via rete

Ma ci sono dei contro :

⁃ Questa lettura chiede cache più grandi e dispositivi più potenti perché i fotogrammi sono creati al volo, non esistono completamente

⁃ Se si vuole andare avanti e indietro nel filmato la richiesta di memoria e potenza sale

⁃ Alcuni tipi di filmati e movimenti possono con alcuni encoder dare risultati peggiori che il primo metodo perché da frame a frame sarà meno coerente come struttura e forma (se si lavora solo con bitrate molto bassi)

⁃ In caso di problemi di stream dei dati si possono vedere dei salti nei movimenti veloci, causando una visione a scatti.

⁃ Su dispositivi più vecchi possono esserci riproduzioni di artefatti (blocchi di movimento etc) che non sono presenti nel filmato originale.

In conclusione :

A seconda del dispositivo più o meno recente si deve creare un h264 con il primo metodo e bitrate bassi se si vuole vedere su ogni dispositivo vecchio e/o poco potente come molti smartphone di basso livello; con dispositivi moderni si può creare video col secondo metodo che a parità di peso offrirà una qualità superiore e con dettaglio e sfumature più efficienti.

 


Che bella cosa la compatibilità, gli aggiornamenti frequenti, di tutto…

Per chi viene dal passato dell’informatica come me, dove tutto aveva tempi biblici (per i concetti di oggi), c’è una sorta di rammarico e nostalgia ai tempi in cui per avere un aggiornamento di un programma o di un sistema passavano anni, quando i prodotti erano su supporti fisici, quando l’hardware era scarso, più limitato, dove c’erano si dei problemi, ma…

Prima di uscire una versione nuova di un sistema era testato, veramente, da persone pagate per quello, non come oggi che paghiamo per fare noi da tester, tanto poi esce la patch tra qualche giorno… e intanto diventiamo matti per chiudere i lavori perchè:

  • il sistema corrompe i dati sui dischi (un noto Os con noto marchio di dischi esterni).
  • il sistema nuovo decide che i task vanno eseguiti in stack, faccio la copia di dieci cartelle pesanti (tera) e anche se ha eseguito la metà del task, se entro nelle cartelle e modifico, aggiungo o tolgo, non vedo nulla perchè non essendo completato il task generale non fa refresh della cartella, vorrei conoscere lo sviluppatore che ha cambiato il codice (nel precedente os non era così) è un genio… del male…
  • Il sistema nuovo ha deciso che nonostante abbia bloccato da registro e da pannello di controllo gli aggiornamenti, il driver della scheda video è vecchio di 4 mesi e deve essere aggiornato, peccato che ci siano diversi bug nei driver che mi installa in automatico causandomi crash dei programmi
  • il sistema nuovo ha deciso che il driver del touchpad del portatile è vecchio e va installato quello nuovo, che non essendo compatibile con l’hardware mi costringe a usare sempre il mouse (oppure sdradico a forza il sistema e torno indietro, nonostante vogliano impedirmelo modificando il bios per renderlo incompatibile con il precedente).
  • Il sistema nuovo ha deciso che deve applicare il risparmio energetico sempre, se io apro due finestre, quella sopra è più task, quindi se metto il browser con facebook sopra un programma di rendering 3d che sta lavorando e i programmatori non hanno previsto questa logica del sistema, il programma mentre sta renderizzando perde quasi tutte le risorse di calcolo…
  • il sistema nuovo chissà come mai spesso corrompe l’utente e i dati relativi, quindi se non fossi un paranoico che salvo tutto esternamente alla struttura utente, rischierei di perdere i dati spesso e volentieri (da win 8 in poi… grazie microsoft). Ho perso il conto delle volte che è successo a me, e di quante persone gli ho recuperato i dati utente dal computer, che se va bene crea un nuovo utente, ma spesso lascia nascoste le cartelle del vecchio utente corrotto. Oggi con win10 invece avviene una procedura più drammatica, farà un ripristino alla versione precedente o altre procedure che renderanno molto più difficile recuperare l’utente perso…
    tutto causalmente per giustificare il fatto che è meglio spostare in cloud i dati così non li perdi… io rispondo dicendo così non mi li corrompete (con x metodi), non me li nascondete o cancellate (se realizzati con programma poco usato su win10 o poco aperti quindi per loro spazzatura), se non me li eliminate perchè avete perso parte della struttura database utente durante uno degli aggiornamenti inutili del sistema…
  • il sistema nuovo ha deciso di scaricare un aggiornamento, lo installa, poi si riavvia per disinstallarlo perchè non compatibile con hardware presente… fare una verifica prima no? meglio sprecare banda utente, banda server, tempo utente, che magari sta lavorando, per qualcosa che alla fine non serve…. questa non si chiama pessima programmazione, si chiama peracottaggine e quelle persone dovrebbero pagare multe per il tempo e le risorse sprecate, sia utente che microsoft.

Prima di far uscire una nuova versione di un programma si verificava che gli aggiornamenti non avessero introdotto bachi notevoli o che si fossero bloccate alcune funzionalità come accade oggi tipo :

  • L’ultima release di una suite famosa che nella comunicazione tra due programmi della suite il 50% delle funzionalità di scambio manda in crash il programma, e finchè non si riavvia il sistema, sia sotto windows che sotto mac, non si è più in grado di avviare il programma… da ex programmatore direi che qualcuno ha usato i puntatori in modo errato, ma direi anche che nessuno ha provato a usarli, visto che la funzione di scambio è un banale copia e incolla… e a mesi dal rilascio, e dalla mia segnalazione, continuano a non rilasciare patch…
  • la nuova versione di un programma che ha introdotto l’accelerazione GPU nei filtri pittorici, ma se non avete la scheda grafica giusta, i filtri stessi si disabilitano e se non potete cambiare al scheda grafica al vostro computer, dagli all in one ai portatili, avete perso quelle funzioni…
  • La versione nuova dei programmi che cambia il formato di salvataggio del progetto, e raramente si può esportare per la versione precedente così viene impedito di collaborare con chi ha versioni precedenti del programma, o se c’è qualche bug nella versione nuova, si deve ripartire da zero con quello precedente.
  • Nella nuova versione del programma non avete più la gestione multicore perchè l’azienda ritiene che non sia più importante… oggi che avendo raggiunto il limite della maggioranza delle progettazioni dei processori si viaggia sui multicore per ovviare ai limiti e ai rischi di elettromigrazione…
  • Vi viene proposto un aggiornamento, che se non leggete le descrizioni potrebbe togliervi il supporto ad un codec audio perchè hanno deciso che non vogliono più pagare la licenza a Dolby, e quindi vi dovete arrangiare..
    [update 1803 di windows… Microsoft ha deciso di togliere dal sistema il codec Dolby Ac3, quindi sotto windows o i programmi lo supportano o voi non lo potete sentire più].

L’hardware era più limitato, c’erano già problemi di compatibilità tanto che Windows 95 fu soprannominato Plug&Prey Os, ma non così drammatiche come oggi… i chipset stanno andando indietro invece che avanti…

  • schede madri con 4 slot pci express a piena velocità se si usa un solo slot, ma appena se ne occupano di più si dimezzano o peggio
  • porte thunderbolt che vanno in coppia, se ne uso una per un monitor, quella a fianco non è più una porta dati
  • chipset usb 3.0 che non sono compatibili con se stessi nella controparte di manager delle periferiche esterne causando sganci o peggio.
  • I sistemi operativi supportano da WinXp64 (2001) e Panther (2003) ben 1 tera di memoria, ma praticamente nessuna piastra madre possiede più di 8 slot di memoria, e i chipset non sono in grado di indirizzare più di 256 gb di ram, oggi dopo quasi vent’anni dalla possibilità di gestirne ben 4 volte tanto. Se va bene ne gestite 64 con le motherboard più spinte.
  • Si progettano sistemi multi GPU vista la spinta verso quel tipo di hardware sia nei giochi che nel professionale, ma nessun produttore di GPU considera il dettaglio, per cui poi ne potete mettere poche in un computer per problemi di raffreddamento, oppure più banalmente perchè sono talmente grandi i dissipatori che coprono i connettori vicini…
  • I dischi SSD e M2 sono sempre più veloci, offrono potenzialmente velocità quasi paragonabili alla ram, ma ci sono così tanti colli di bottiglia che sfruttare questi supporti è complesso e spesso non fino all’ultimo.
  • Le cpu negli ultimi 20 anni hanno rallentato notevolmente la loro accelerazione reale nel calcolo, perchè essendo sempre meno ottimizzati i codici per i processori, la potenza di calcolo non è realmente sfruttata. Usando test reali, con calcoli 3d su software da produzione, posso dire che prendendo una CPU tot di gamma di 10 anni fà, oggi spendendo la stessa cifra c’è circa 50% in più di velocità, peccato che dovendo spendere anche su memoria e motherboard il risultato migliore si ottiene spendendo la stessa cifra in una soluzione meno top di gamma, ma in quantità maggiore come cpu… se i programmi sfruttano i multicore e le multicpu che per fortuna i programmi di 3d fanno.
    Qualche numero più terra terra? un i7 4950k del 2012 (setup minimo 1000 euro solo processore e motherboard) da uno score di 962 punti, spendendo la stessa cifra oggi in un i7 + motherboard si ha uno score di 995 punti, dopo 6 anni…. per ottenere un risultato soddisfacente si deve andare su i9 top di gamma, per ottenere 2100 punti, ma l’investimento minimo sale a 2500 euro… quindi il rapporto aumento punti nasce dall’aumento del valore economico, non da una crescita reale della potenza dei prodotti nella stessa fascia di prezzo.

Ora tutto questo unito ad una pratica commerciale molto sleale, ovvero la non ottimizzazione di sistemi, hardware etc in modo che “ufficiosamente” si crei la obsolescenza programmata… spero che si concretizzi come in Francia che è stata fatta una legge per vietare e punire questa Politica di Marketing per forzare gli utenti a cambiare e spesso senza potenziare realmente i propri strumenti.


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